Intervista a Claudia Cremonini - Serenissime Trame

Intervista a Claudia Cremonini

Intervista a Claudia Cremonini

15 maggio 2017

Breve intervista a Claudia Cremonini

direttrice del museo Ca' d'Oro e

co-curatrice della mostra a Venezia

 

1.Perché un progetto espositivo come “Serenissime Trame” a Ca’ d’Oro?

CC: La mostra, che segue il filo di una serie di iniziative legate al tema cruciale del collezionismo portate avanti ormai con sistematicità dal Museo, si lega al progetto di valorizzazione del piccolo ma prezioso nucleo di tappeti orientali della collezione Franchetti ancora oggi custodito nei depositi e vede l’inserimento nel percorso di visita permanente di tre dei più importanti manufatti tessili della raccolta, restaurati per l’occasione.Ad avvio del percorso e a introduzione ideale delle sale della mostra dedicate ai capolavori della collezione Zaleski, è collocato un esemplare di produzione anatolica e di raffinata tessitura – il tappeto a piccoli disegni “Holbein”, databile alla seconda metà del XV secolo che costituisce uno dei pezzi più antichi della raccolta del barone Franchetti.

Sono invece esposti e “ambientati” in una saletta dedicata alla pittura di genere e alla produzione d’oltralpe tra Cinquecento e Seicento, due tappeti persiani del museo restaurati, messi in dialogo con altre opere della raccolta che testimoniano di quel progetto globale di armonizzazione polifonica di dipinti, arredi lignei e spazi monumentali entro il quale anche i tappeti, e le arti decorative in generale, trovavano un loro senso compiuto, in equilibrio perfetto tra istanze estetiche di godimento dell’insieme e di valorizzazione del singolo manufatto raro, che il fondatore della Galleria aveva concepito. L’esposizione dei due pezzi vuole al contempo documentare la fortuna iconografica di questi preziosi manufatti orientali all'interno della pittura di genere del Seicento e la diffusione che ebbero, in particolare, nelle scene d’interni olandesi. Va ricordato, infine, il valore di “omaggio” che questa iniziativa espositiva si prefigge nel suo complesso: Giorgio Franchetti, collezionista e grande mecenate, aveva infatti avviato la sua avventura collezionistica a partire proprio dall'acquisto giovanile di un nucleo di antichi tappeti orientali e manufatti tessili, mostrando già, nel corso dell’ultimo decennio dell‘Ottocento, una spiccata sensibilità per le “arti decorative”.

2.Perché il confronto tra una selezione di antichi tappeti e alcuni rari dipinti del Rinascimento italiano?

CC: I tappeti, la pittura, il collezionismo sono i tre temi proposti dalla mostra, che ruotano intorno a Venezia, città ponte con l’Oriente e culla della pittura rinascimentale, che accoglie nell'iconografia sacra e profana un corredo di metafore tra cui spiccano anche le immagini di tappeti, in sintonia con la società, la cultura e la simbologia dell’epoca. Allo stesso tempo sono proprio i dipinti dei pittori dell’Europa rinascimentale a testimoniare la diffusione di questi manufatti di lusso.

3.Cosa rappresentano i tappeti quattro e cinquecenteschi nella Venezia di quei secoli? 

CC: Testimoniano non solo le rotte degli intensi flussi commerciali tra Venezia e l’Oriente, ma anche il gusto dell’arredo delle dimore più agiate e della rappresentazione della divinità e della gerarchia sociale. Li vediamo spesso a ricoprire basamento del trono di Maria col Bambino oppure appoggiati in evidenza sul davanzale di un balcone, ma anche ambientati in un interno di stanza per sottolinearne il contesto mediorientale e infine - nei dipinti più avanti nel Cinquecento - disposti sui tavoli come arredi di lusso.

4.Quale esperienza potrà condividere il pubblico?

CC: La visita alla mostra, abbinata a quella del museo e del Palazzo, con gli straordinari “tappeti di marmo” dispiegati nel mosaico pavimentale dell’atrio, consente al visitatore di ammirare non soltanto una raccolta - quella Zaleski - di straordinaria bellezza e importanza storica - per la prima volta presentata al pubblico in una sede veneziana e in un contesto museale di grande fascino e suggestione - ma ripropone, in un certo senso, quel “sogno” di fare della Ca’ d’Oro un contenitore eletto di collezioni rare, preziose e di raffinato accordo cromatico d'insieme, perseguito fin dalle origini dal fondatore della Galleria. 

Racconta Gino Fogolari, che aveva a lungo lavorato assieme al barone Franchetti per la creazione del Museo: «Tutto quel che era bello di luminosa musicale bellezza avrebbe dovuto essere dato alla CadOro; marmi orientali di quelli che solo i monumenti antichi danno, pitture dei grandi secoli su fondi doro, arazzi, tappeti fatti morbidi dal tempo, bronzi cinquecenteschi di patine eccelse, e pareva a volte che la CadOro e la tradizione dei grandi conquistatori veneziani doriente, dessero al Barone le vertigini duna inesausta concupiscenza». Ed è appunto a questa gloriosa tradizione di “conquistatori veneziani d’oriente” che si lega la fortuna stessa e la diffusione, in ambito europeo, degli antichi manufatti annodati di pregio oggetto di questa mostra, che incentra proprio su Venezia e sui domini della Serenissima la scelta dell’orizzonte d’indagine privilegiato, tra documenti figurativi di confronto e centralità, in ogni epoca, del tema del collezionismo, tra pubblico e privato.

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